Cari colleghi,
il clamore destato dal recente “caso” della costituzione di una Fondazione degli OMCeO siciliani (1 – 2) può e deve rappresentare un’occasione per interrogarsi sul futuro degli Ordini professionali di riferimento per medici, odontoiatri e per tutte le professioni che reggono le sorti della sanità italiana.
Giova in premessa richiamare brevemente i fatti. I consigli direttivi degli OMCeO siciliani hanno avvertito l’esigenza di esternalizzare la gestione di alcune tra le principali prerogative degli Ordini professionali (la formazione e l’aggiornamento continuo, il perfezionamento tecnico-scientifico degli iscritti, l’organizzazione di manifestazioni ed attività culturali nel campo delle materie di competenza degli iscritti agli Ordini Professionali), nonché di evolverle (promuovere attività di studio e ricerca scientifica, sovvenzionare borse di studio e di ricerca scientifica, accedere a finanziamenti agevolati, promuovere la costituzione e sovraintendere alla gestione di circoli, club e strutture analoghe dirette a supportare e sostenere esigenze ed istanze, anche culturali, degli operatori della Sanità, acquisire enti senza scopo di lucro e società di capitali, favorire lo sviluppo di istituzioni, partecipazioni ed enti, ecc.), demandando nei fatti ad un soggetto terzo l’organizzazione e l’erogazione di servizi destinati agli iscritti OMCeO.
Le motivazioni addotte a sostegno di tale decisione sarebbero riferite tanto alla necessità per gli ordini provinciali di fare sistema su base regionale, superando gli attuali confini amministrativi provinciali, quanto alla possibilità di accedere, attraverso lo strumento della fondazione, ai fondi pubblici e, in particolare, ai finanziamenti europei destinati alla formazione dei professionisti ed al sostegno all’esercizio della libera professione (la Legge di Stabilità 2016, infatti, ha recepito i contenuti di alcune determinazioni assunte in sede di Unione Europea, che equiparano i liberi professionisti, in quanto esercenti attività economica, alle piccole e medie imprese ai fini dell’accesso ai finanziamenti del capitolo della Programmazione dei fondi strutturali europei 2014-2020). Sembra che si tratti di una partita in cui sono in ballo diversi milioni di euro. Tale fondazione, che avrebbe la pretesa di estendere il proprio raggio di azione anche alle altre professioni sanitarie, a dire di alcuni dei presidenti degli Omceo siciliani, potrebbe essere modello e fonte di ispirazione per gli altri Omceo italiani.
Al di là delle legittime opinioni a favore o contro tale iniziativa (torneremo dopo nel merito delle finalità statutarie della fondazione in questione), quello che ha destato clamore, non solo tra gli iscritti e gli “addetti ai lavori”, ma anche nell’opinione pubblica, al punto da essere oggetto delle attenzioni degli organi di stampa, sono le modalità con le quali si sarebbe addivenuti a tale decisione e si sarebbe concretizzata la costituzione della fondazione in parola, definita “ente acchiappasoldi”, la cui governance è stata affidata, come si può constatare da una lettura attenta dei rimandi statutari, agli attuali presidenti degli OMCeO siciliani, non nella loro qualità pro tempore, bensì nominalmente e fisicamente intesi, almeno sin quando questi non saranno “venuti a mancare”.
In altre parole, anche laddove questi dovessero perdere lo status attuale di presidente OMCeO o (per assurdo) di semplice iscritto ad un ordine siciliano, essi continuerebbero a “controllare”, in qualità di soggetti fondatori, una fondazione che si fregia del nome degli OMCeO siciliani e che si pone quale rappresentativa degli interessi degli iscritti a tali ordini. Infatti, la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione della fondazione, costituita dal presidente della fondazione e da 4 componenti di sua nomina (il mandato di tali figure ha durata quinquennale ed è rinnovabile senza la previsione di limite alcuno), sarà individuabile all’interno della rosa dei fondatori, e, solo in caso di sopraggiunta indisponibilità di questi ultimi, i presidenti pro tempore degli OMCeO (in atto presenti nella loro qualità soltanto in numero minoritario pari a tre) potranno prendere le redini della fondazione, “restituendo” così il controllo della fondazione agli iscritti OMCeO, per il tramite dei loro presidenti eletti.
Altro elemento che ha destato perplessità negli iscritti è il fatto che gli OMCeO siciliani abbiano stabilito di conferire, annualmente, delle somme alla fondazione in questione, demandando la decisione sull’entità del conferimento all’assemblea dei soci della fondazione medesima, limitandosi ad sancire il principio di una corresponsione proporzionale al numero di iscritti (prerogativa quest’ultima parimenti sottratta al controllo degli iscritti).
Tale costrutto statutario sembrerebbe essere stato condiviso, in ogni sua parte e senza opposizione o eccezione alcuna, dai rispettivi consigli direttivi degli OMCeO siciliani, in ciò “compulsati” dai presidenti – almeno così si dedurrebbe dalla ricostruzione dei fatti e dalla lettura degli atti a corredo dell’atto costitutivo della fondazione – nell’ipotesi che il rispettivo OMCeO potesse rimanere fuori dalla costituzione di tale soggetto, cui si apprestavano ad aderire tutti i rimanenti OMCeO siciliani. Tutto ciò sarebbe avvenuto ad opera di consiglieri a favore dell’adesione a tale fondazione al punto da fidarsi ciecamente dell’operato dei propri presidenti, con altri distratti poiché assenti ed altri ancora presenti che, invece, affermerebbero di non ricordare di avere avuto la possibilità di prendere visione ed esprimersi nel merito del contenuto dello statuto della fondazione. A mero titolo esemplificativo, si riporta il caso di un OMCeO provinciale: dalla lettura degli atti, sebbene nel verbale del consiglio direttivo non si faccia riferimento alla presa visione di uno statuto della fondazione né ai contenuti dello stesso, nella delibera esecutiva a firma del presidente e del segretario, prodotta in sede di costituzione della fondazione, si trova invece un espresso riferimento all’approvazione da parte del consiglio medesimo dello Statuto contenente il costrutto prima rappresentato, che viene allegato alla medesima deliberazione di cui ne diviene parte integrante.
Al di là di tali ricostruzioni, quello che è evidente è il fatto che pochissimi soggetti sono stati chiamati ad assumere una decisione con implicazioni rilevanti sul piano politico ed economico per gli OMCeO, senza che gli iscritti siano stati preliminarmente interpellati in sede di assemblea generale. Ne discende che, tanto della volontà di costituire una fondazione, quanto dei passaggi prima richiamati, gli iscritti all’OMCeO non avrebbero avuto possibilità di esserne resi edotti, se non fosse stato per l’iniziativa assunta da un gruppo di iscritti all’OMCeO provinciale di Palermo, la cui attenzione era stata richiamata da una specifica voce di spesa dedicata ad una Fondazione degli OMCeO siciliani, pari a 159mila euro (verosimilmente da conferire alla fondazione), inserita nel Bilancio di previsione sottoposto all’approvazione dell’assemblea annuale degli iscritti. In altri termini, gli iscritti sarebbero stati chiamati a legittimare tale iniziativa in maniera “indiretta”, attraverso l’approvazione di un bilancio riportante un capitolo di spesa riconducibile alla fondazione. Sembrerebbe, quindi, che qualche “problema di comunicazione” all’interno del consiglio direttivo dell’OMCeO provinciale di Palermo ci potrebbe essere stato, salvo dedurre che tutti i consiglieri presenti fossero consci di assumersi e condividere la responsabilità di tale iniziativa. E sembrerebbe che similari criticità abbiano interessato anche gli altri OMCeO provinciali.
In verità, da successive ricostruzioni, sembra che sia stata data pubblica notizia della Fondazione degli OMCeO siciliani, per la prima volta, in occasione di una pubblica manifestazione politica a favore del referendum costituzionale, organizzata dagli stessi OMCeO e tenutasi a Catania (fortunati gli iscritti all’OMCeO provinciale di Catania) in data 15 novembre 2016 in presenza di autorevoli esponenti della politica nazionale e regionale, oltre che dei Presidenti degli OMCeO siciliani. Inoltre, da una ulteriore ricerca sul web è stato possibile risalire retrospettivamente sia a delle dichiarazioni pubbliche (rese anche con riferimento ai tragici eventi connessi ai terremoti che hanno investito il centro Italia – 2), che a delle iniziative formative riferibili anche alla Fondazione degli OMCeO siciliani, già prima della formale costituzione della stessa, intervenuta soltanto il 22 novembre 2016 (data acquisita a seguito della consultazione degli atti disponibili presso l’apposito pubblico registro notarile).
Ma su questi ed altri aspetti riconducibili all’esistenza di una Fondazione degli OMCeO siciliani, gli iscritti all’OMCeO provinciale di Palermo (e con essi tutti gli iscritti degli OMCeO siciliani) sono in attesa di ricevere risposte formali a delle legittime domande, poste al Presidente ed al Consiglio Direttivo in occasione dell’assemblea generale, tenutasi in data 16 gennaio 2017, e rimaste, ad oggi, del tutto inevase. A queste andrebbero aggiunte delle ulteriori domande circa le determinazioni assunte, ad oggi, dalla fondazione (incarichi statutari attribuiti, eventuali assunzioni di personale, ecc.), se non fosse per il fatto che una fondazione è un ente di diritto privato e, come tale, non è tenuta agli adempimenti sulla trasparenza degli atti amministrativi nei confronti degli iscritti agli OMCeO.
Al di là della rappresentazione degli eventi prima richiamati, rispetto ai quali ciascun lettore potrà liberamente farsi una propria opinione, quello che colpisce del “caso” della costituzione di una Fondazione degli OMCeO siciliani è la parvenza di una contiguità di interessi, ancorché legittimi, tra Ordini Professionali e politica, tali da incorrere nel rischio di non mettere più al centro della loro azione le istanze della Professione medica ed odontoiatrica, bensì caratterizzati da una subalternità dell’istituto ordinistico al mondo della politica, similarmente a dinamiche riscontrabili, più in generale, nella gestione della sanità pubblica erogata dalle aziende sanitarie e che sono fonte di sprechi di preziose ed ingenti risorse pubbliche. Sia chiaro che non è qui in discussione la possibilità che le Professioni si confrontino con la politica, che anzi quest’ultima andrebbe orientata e dovrebbe essere il terminale delle istanze e proposte delle professioni, facendo salva, tuttavia, la terzietà dell’istituzione ordinistica. Tuttavia, si ritiene che le istituzioni ordinistiche, che per definizione sono la casa di tutti i medici e gli odontoiatri, dovrebbero stare al di sopra delle parti in tema di politica, creando semmai occasioni di confronto tra i diversi punti di vista, limitatamente alle politiche di interesse per la sanità e salute, al fine di favorire in ciascun iscritto la maturazione, ovvero la strutturazione, di un proprio convincimento. Non si ritiene che sia stato opportuno, pertanto, schierare pubblicamente gli OMCeO a favore di campagna referendaria, meno che mai di una parte politica, laddove è stato commesso il grave errore di polarizzarla sulla base delle appartenenze. Per la medesima ragione, ad esempio, non è stato opportuno, in passato, che i presidenti delle Federazioni ordinistiche si siano candidati alle elezioni politiche, mantenendo tale ruolo ordinistico sia prima dell’elezioni che, a maggior ragione, dopo l’avvenuta elezione.
Tornando al caso siciliano che, al di là delle peculiarità proprie, si ritiene possa fungere da modello negativo e da monito per la restante parte degli OMCeO italiani, la contiguità tra gli OMCeO e la politica territoriale può essere desumibile anche da altri elementi di contesto. Assai poco incisiva e critica, ad esempio, è stata la voce degli OMCeO siciliani nel merito delle gravi responsabilità politiche incarnate da chi ha assunto, negli ultimi due anni, la responsabilità del governo della sanità siciliana, prossima al collasso, come dimostrano i recenti fatti di cronaca. Nessuna critica è stata mossa dagli OMCeO siciliani all’Assessore regionale, che si è reso politicamente responsabile di uno stato inerziale, senza precedenti, in tema di rimodulazione delle reti assistenziali della Regione, al punto da non essere riuscito a finalizzare tale obiettivo da circa due anni a questa parte, né, conseguentemente, a sbloccare, nonostante annunci ormai e reiterati, la stabilizzazione del personale sanitario precario, già vincitore di concorsi a tempo indeterminato, nonché l’avvio dei concorsi per favorire il ricambio generazionale all’interno delle aziende sanitarie siciliane. Certamente, qualche rado e generico appello è stato rivolto alla politica in tema di precariato in sanità, ma non si ricorda una seria presa di posizione critica nei confronti di chi si è reso politicamente responsabile dello stato di impasse in cui versa la sanità regionale. D’altra parte, l’Assessore alla Salute della Regione Sicilia ha affermato pubblicamente di aver reso partecipi (tra i numerosi interlocutori) anche i presidenti degli OMCeO nella concertazione della nuova proposta di rete ospedaliera e delle emergenze-urgenze, rendendoli quindi “complici” degli insuccessi. Appena accennate, inoltre, sono state le prese di posizioni degli OMCeO siciliani a fronte dei mancati interventi di riorganizzazione delle cure primarie, vero punto cruciale della sanità siciliana. Di contro, pubbliche lodi sono state riservate nei confronti dell’Assessore regionale alla salute laddove l’assessorato, dopo anni, ha abdicato incomprensibilmente al proprio mandato di organizzare e gestire i corsi regionali di formazione specifica di medicina generale, assegnando, attraverso la stipula di una convenzione, competenze ed annessi finanziamenti agli OMCeO siciliani, con capofila Palermo. Tutto ciò, nonostante la Regione disponga di un Centro di Formazione Regionale permanente per l’aggiornamento del personale sanitario che avrebbe potuto vicariare tali funzioni. Da qui la sensazione di una perdita dell’esercizio di una capacità di critica e di proposizione da parte degli OMCeO siciliani su tematiche di strategico interesse per i medici e per la sanità pubblica.
Rimanendo in un ambito di discussione più generale, un altro punto di caduta degli eventi prima richiamati, ad avviso dello scrivente, investe il piano del governo della Professione e dei processi decisionali ed organizzativi interni agli Ordini professionali.
Come è noto, le leggi istitutive degli Ordini e dei Collegi delle professioni riconducibili all’ambito della sanità e salute sono datate (in quanto il loro impianto di base è riferibile alla prima metà dello scorso secolo) e necessitano di una profonda revisione, non solo al fine di estendere il diritto di rappresentanza alle nuove professioni, ma anche al fine di disciplinarne e favorirne i rapporti nell’ottica della fisiologica condivisione e compartecipazione di momenti fondamentali dell’assistenza dei cittadini e dei pazienti, che devono rappresentare il fulcro dell’ispirazione della azione di ogni esercente le prestazioni sanitarie. Oltre ai meccanismi democratici ed agli assetti della rappresentanza codificata all’interno degli Ordini, insistono poi delle criticità sul piano della credibilità dell’istituzione ordinistica agli occhi degli iscritti, sempre più vista come una fonte di spesa, cui versare dei contributi obbligatoriamente, senza ricevere pari assistenza e servizi. Si pensi, su tutto, al tema della formazione continua che, a differenza di altri modelli che hanno come obiettivo la validazione e rivadalizione delle competenze professionali, si fondano invece sulla frequenza di attività seminariali e convegnistiche, spesso onerose, alla fine delle quali cimentarsi nel rispondere a delle domande a risposta multipla, talora anche in modalità di compilazione “collettiva”. Si ritiene, pertanto, indispensabile superare gli attuali modelli che, più che giovare alla formazione continua ed all’aggiornamento delle competenze dei professionisti, appaiono alimentare dei circuiti funzionali a finalità differenti rispetto alle reali esigenze dei professionisti.
Un approfondimento a parte, poi, meriterebbe il tema della formazione dei futuri medici di medicina generale, laddove l’Italia rimane l’unico Paese in Europa a non aver evoluto i corsi regionali in scuole di specializzazione. Non a caso, in occasione del varo dell’ultima legge di stabilità, si è venuta a creare una forte convergenza tra legislatori, regioni, università, sindacati del territorio e portatori di interesse, che si è tradotta in un emendamento a favore dell’istituzione di un percorso di formazione specialistica in Medicina Generale e Cure Primarie, con una forte integrazione tra SSN ed Università. Tale iniziativa, come è noto, si è arenata di fronte alla crisi di governo post referendum costituzionale, ma è emblematico come sia stata avversata dalla Federazione Nazionale degli OMCeO, con capofila, guarda caso, gli OMCeO siciliani, gli stessi che, nel frattempo, avevano ottenuto dalla politica l’affidamento dei corsi regionali di formazione specifica di medicina generale.
Occorre avviare, altresì, una seria riflessione su ruolo, funzione e governance degli OMCeO. In tal senso, il “caso” Fondazione OMCeO siciliani ha fatto emergere tutte le contraddizioni dell’attuale sistema di rappresentanza ordinistica, articolato su confini amministrativi provinciali, ormai troppo stretti, e limitato nelle possibilità di azione, al punto da indurre i presidenti OMCeO siciliani a sostenere l’opportunità di affidarsi ad un ente terzo, rappresentativo di un bacino regionale. Inoltre, il combinato disposto dell’assenza di limitazione alcuna sia nella durata mandato ordinistico, tanto per i presidenti che per gli altri ruoli, sia nel cumulo di cariche politiche, sindacali o di altra natura, oltre che della deregulation che caratterizza il governo degli OMCeO, nonché della scarsa partecipazione degli iscritti alla gestione degli OMCeO, offre a considerare una non adeguata capacità degli stessi a farsi interpreti delle istanze degli iscritti, limitandone la rappresentatività presso le altre istituzioni di riferimento per i professionisti.
E la recente riforma della governance e della rappresentanza in seno all’ENPAM, ente previdenziale dei medici e degli odontoiatri, viziata dall’adozione di un sistema elettorale maggioritario spinto, che mortifica il diritto alla rappresentanza delle minoranze, è frutto di una visione della professione medica ed odontoiatrica appannaggio di una oligarchia professionale che ha trasformato la rappresentanza delle professioni in un circuito chiuso, che si autoalimenta e che appare, sempre più, autoreferenziale e decontestualizzato.
In conclusione di queste riflessioni, ci sia consentito rivolgere un appello distinto su due livelli.
Ai presidenti ed ai membri dei consigli direttivi degli OMCeO siciliani, il cui operato ha destato e continua a destare notevoli perplessità che attengono tanto il piano della politica professionale, quanto quello procedurale e della compartecipazione democratica degli iscritti, rivolgiamo un appello affinchè tornino indietro sui propri passi e rimettano in discussione l’attuale progetto di Fondazione degli OMCeO siciliani, riscrivendo, laddove tale esigenza fosse realmente condivisa dagli iscritti agli OMCeO, che vanno prima interpellati, uno statuto che consenta il controllo, da parte degli iscritti medesimi, dell’utilizzo del nome degli OMCeO.
Tuttavia, chi scrive nutre seri dubbi circa le motivazioni addotte a supporto della costituzione di una fondazione di diritto privato. Infatti, gli OMCeO, come è noto, sono organi ausiliari dello Stato ed Enti di Diritto Pubblico non economici, dotati di una propria autonomia gestionale e decisionale. Sebbene, da una parte, una sentenza della Corte di Cassazione abbia chiarito che gli OMCeO, gestendo risorse private derivanti dalla corresponsione di una quota di iscrizione da parte dei propri iscritti, siano posti sotto la vigilanza del Ministero della Sanità e coordinati nelle loro attività istituzionali dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, dall’altra, ciò non esclude che gli OMCeO possano ricevere finanziamenti pubblici di qualsivoglia natura, venendo in tal caso sottoposti al controllo della Corte dei Conti. Certamente, il ricorso al supporto di una fondazione, come nel caso siciliano, che è un ente di diritto privato e che, come tale, sfugge alle vigenti normative sulla trasparenza degli atti nei confronti degli iscritti agli OMCeO, e che tale entità potrebbe non essere sottoposta al controllo della Giustizia contabile relativamente ai fondi conferiti dai medesimi OMCeO che ne costituiscono il patrimonio base, e potrebbe privare altresì gli iscritti agli OMCeO di ogni potere di controllo su una “entità” che utilizza il nome (e le risorse) degli OMCeO. Tale situazione appare ancora più inopportuna, laddove sembra che uno degli obiettivi che si sarebbero prefissati i fondatori sia quello di drenare gli ingenti finanziamenti europei.
A tutti i medici ed odontoiatri italiani, invece, va un invito ad una riflessione corale e di più ampio respiro. Da ormai troppo tempo è all’attenzione del legislatore una ipotesi di riforma degli ordini professionali, che cerca di risolvere alcune delle criticità prima richiamate. Tuttavia, ci apprestiamo ad affrontare la seconda stagione di rinnovo della rappresentanza ordinistica senza che tale disegno di legge trovi una finalizzazione, mancando quindi la politica di farsi interprete delle nuove sfide cui sono chiamate le istituzioni di riferimento per le professioni dell’ambito sanitario. E, probabilmente, il fatto che in Parlamento, in assenza di incompatibilità, siedano dei rappresentanti di diretta espressione dell’attuale sistema ordinistico non aiuta ad ampliare gli orizzonti ed a superare gli schemi e gli assetti attuali.
Orbene, in una visione globale della sanità e delle professioni, che apre alla possibilità ai singoli di contribuire al dibattito sulla scorta dei modelli partecipativi, superando la logica delle parti, della intermediazione e della delega ad oligarchie professionali autoreferenziali, è dunque giunto il momento di fare sistema per farsi parte in causa senza più demandare a terzi la responsabilità della rappresentanza, in modo da avviare una stagione di riforme che sappiano recepire e tradurre in pratica quanto necessario al rilancio delle professioni che reggono le sorti del sistema salute italiano.